Psicoterapia biosistemica


La Psicoterapia Biosistemica ha l'obiettivo di ricreare la connessione tra pensieri, sensazioni ed azione, che sono gli elementi fondanti del sistema-emozione.

Ricreando questa connessione si può riattivare la complessità del ciclo emotivo, la cui alterazione ha portato alla patologia.


Anche la persona è vista come un sistema, fatto di corpo, mente ed emozione, inserito all'interno di sistemi sociali e relazionali.

In tutta questa rete di sistemi e sottosistemi interdipendenti, non è possibile individuare la causa di uno stato di malessere, si può solo vederne l’effetto, cioè come si manifesta il disagio. Si tratta allora di trovare i punti di questa rete in cui c'è un blocco, in cui si è alterata la comunicazione.

La patologia induce la persona a chiudersi in un solo sistema, in cui difficilmente potrà contattare tutte le sue risorse e potenzialità. L'obiettivo della terapia è quello di creare una perturbazione del sistema-persona per permettere l’accesso a uno stato emotivo bloccato, permettere nuove possibilità, aumentare il livello di integrazione.


Per poter connettere e integrare i diversi livelli nella persona, la biosistemica si avvale della teoria dell’inibizione dell’azione di Laborit1. Esistono due meccanismi che controllano il comportamento umano: uno è orientato al piacere, l’altro alla lotta-fuga; Laborit scoprì una terza via: il sistema di inibizione dell’azione, che impedisce un’azione quando non è utile a cambiare uno stato di cose, per esempio quando potrebbe procurare una tensione maggiore.

L’inibizione dell’azione per essere utile deve avere una breve durata, il suo prolungamento blocca l'alternanza tra sistema nervoso simpatico (attivo nel dispendio energetico) e parasimpatico (attivo nel recupero energetico) creando una situazione stressante fino alla malattia psicosomatica.


Nell’incontro con la persona il terapeuta biosistemico, in un clima di empatia e di interazione reciproca, potrà favorire la disinibizione dell’azione, della parola, dell’emozione.

Basandosi sull’osservare, seguire e amplificare un movimento e un’espressione, o nel ricrearli dove questi siano scomparsi, il paziente potrà riappropriarsi della corporeità perduta.

 

1Henri Laborit, L'inibizione dell'azione, Il Saggiatore, Milano, 1986


Fabrizio Stasi -articolo per “I Martedì” - aprile 2010